#incursioni nel passato

In queste giornate malinconiche mi ritrovo in casa tra diari scritti a penna e scatole di fotografie.

E i ricordi ti tolgono il fiato mentre ti inchiodano al muro, in questo tempo senza ore di incursione nel passato che è possibile solo quando tutto si ferma.

Mi travolgono le emozioni e segnano il passo in questo inverno dell’anima che da qui deve passare, per sciogliersi.

diecidisera

Cinquedisera di tramonto su Milano quando il sole ti acceca rincorrendo ombre

tra i palazzi incendiati di riflessi arancio,

diecidisera e luci accese nelle case quando nel silenzio il cortile sembra un piccolo paese

i rami spogli disegnano mani, l’ultima auto spegne i fari nel parcheggio

e siamo tutti gli stessi mentre ci corichiamo dietro i nostri specchi.

Mezza la notte, dove un sussurro è magia, una voce è sogno non detto,

e le strade sembrano tue. Anche quelle che non hai scelto.

#fine gennaio, domenica

Ho pranzato alle tre del pomeriggio, ho dormito poco e mi sono riaddormentata che c’era già luce. Ieri sera ho mangiato giapponese con degli amici, ho riso come non facevo da settimane. Ho capito che siamo tutti un po’ soli, in questo periodo, che ognuno ha le sue paure che lo tengono sveglio. Ho appena camminato un’ora al parco con la cagnolina, ascoltando la musica latina che ho ballato per anni. Mi è venuto il magone ad ogni curva, per il sole che taglia il pomeriggio con questi colori, per la domenica che si dovrebbe passare in compagnia, per le canzoni che appartengono a pochissimi anni fa, lontani purtroppo una vita.

Guardo lei corrermi incontro, seguirmi sul prato come nei sentieri di montagna. E’ la mia vita, lei, adesso. Tutta la mia vita. Mi guarda fissa cercando il minimo cenno per scodinzolare felice. Ho pensato di richiamare un mio ex, per ridere ancora, andare via il weekend, vedere un film insieme. Poi ho deciso che voglio vivermi questa solitudine senza scappare. Senza trovare scorciatoie. E’ così, in questo momento. Questi pensieri lasceranno il posto ad altri nuovi, leggeri.

#Spessosola

Da qualche settimana ho scelto di limitare le occasioni sociali con troppe persone, in verità anche due oltre alla sottoscritta, a volte sono troppo. Covid causa, ovviamente. Stagione fredda che non aiuta. Così a parte il lavoro e le partite a beach della domenica pomeriggio; il caffè con un’amica nel weekend e la passeggiata con la mia cagnolina sono il massimo delle mie relazioni. Al momento. Scelgo io. E scelgo io anche di non frequentare alcuni amici. Ho scelto io di interrompere una storia, mesi fa. Forse sono sempre io che scelgo questo modesto isolamento. Me ne rattristo, a volte. Mi sento sola, altre. Mi mancano moltissimo i miei riferimenti, andati. Ma non mi affanno, sto. Piango, riaffacciandomi su quel dolore che mi ha devastata e gridando a chi non c’è più, che mi manca. Gioco con la mia bimba di pelo bianco, dopo cena, nascondendomi dietro il divano ad aspettare che impazzisca di felicità, scovandomi. Leggo tantissimo, ritrovando abitudini che sono mie e che avevo dimenticato. Stabilisco un paio di priorità, le perseguo, ma non rincorro. Mi ha colpito questa frase, che se qualcuno riconosce può portare corretta, visto che non ricordo da dove l’ho presa… Gli alberi in inverno non fanno yoga, non si adoperano, non si muovono. Stanno lì, tanto sanno che tornerà il vento a farli ballare di nuovo.

THE XMAS CAROLS, IL MIO CONTRIBUTO

Ecco il mio contributo a questa iniziativa molto interessante, ideata da Shio, autrice del blog Il mondo di Shioren, che ringrazio. Mi ha permesso di avvicinare persone incantevoli.

Oggi camminavo per le vie addobbate del quartiere. Strade che in questa stagione percorro poco, troppo trafficate in auto, non utili se non ci abiti, al di fuori del tragitto quotidiano. Ci sono passata con la cagnolina, ricordandomi di quando la desideravo, la cagnolina. Di quando attraversavo questi incroci avvolta in sciarpa e guanti, camminando veloce, con pensieri di mille vite fa. Il sole si abbassa, in questo cielo limpido e blu cobalto che solo dicembre sa regalare a Milano.

Ho nostalgia di pomeriggi svaniti, di foglie ghiacciate sui marciapiedi, di tè alla cannella coi biscotti, della mamma in cucina, dei libri nello zaino. I negozi si accendono come piccoli presepi urbani, alberelli, ghirlande e panettoni al pistacchio. Le luminarie d’argento incantano e mi emozionano, ancora, indicando il percorso un po’ briciole di Pollicino, un po’ stella cometa.

Prendo in braccio il mio batuffolo, fa freddo, torniamo a casa superando le macchine in coda e la gente frettolosa, abbracciate strette.

Sorriso sghembo

E c’è chi c’è, passato.

Capisce.

Ti guardi in quello sguardo, di occhi che sanno,

di buchi neri che, il fondo, l’hanno visto.

Riconosci. Chi attraverso le feste le luci e le ghirlande

cammina in silenzio,

per non rattristare le vetrine che restituiscono volti,

e quel sorriso sghembo, come la vita, attraverso la nebbia.

#Oggisonotriste

Il mio dicembre non è più stato Natale da quando gli ultimi, anni fa, sono stati abbinati a visite e controlli in ospedale, pranzi interrotti, la portiamo sì o no, dai che siamo più tranquilli, metti la giacca, prendi il borsone. E freddi e nebbie su Milano addobbata, e buio, e luci accese nelle strade, e parcheggi da cui guardi blocchi illuminati sempre, da fuori finestre ampie, dentro il ferro dei letti, i neon bianchi. E settimane a contare il prossimo appuntamento, che forse allora andrà meglio.

Stradine di una città che non dorme mai, dove qualcuno fa sempre la notte, qualcuno piange, qualcun altro incrocia le dita, chiuso in macchina e aspetta che sia ora di tornare a casa.

Feste in cui si conta chi non si siede, nostalgia di pasta fatta in casa, di regali sotto l’albero, di fili dorati da buttare il giorno dopo.

Ci sono anche loro, sotto la neve. Le preghiere mai ascoltate.

Lo sport abbatte ogni confine

Parto alla grande con questo titolo, ma sono carica, e ci credo. Come credo nei viaggi, soprattutto di un certo tipo, quelli che dopo tre ore si è tutti come fratelli.

Da qualche settimana ho ripreso (dopo anni) a giocare a beach volley. Non ce la facevo proprio a lasciare i piedi lontani dalla sabbia quest’autunno, e questo gruppo che ho trovato un po’ per caso, un po’ forse per destino, è prezioso. Persone che mai si sarebbero cercate in altri ambienti su un campo diventano una matassa ingarbugliata, piacevolmente legata. Li osservo. Eccentrica una, magrissima un’altra, griffata anche sui leggins. Svampita la più piccola, un bronzo di Riace il capetto. Che oltre che alto è anche bellissimo. Giusto per completare, l’adone ha pure gli occhi chiari e dal suo metro e novanta è stra bravo. Ovviamente è arrogante, ma poi lo guardi difendere i compagni, e pensi che alla fine sia un uomo generoso. Completano il quadretto altri tre o quattro. Un paio idealmente più affini a me; un altro ragazzo ex qualcosa, ex animatore, ex sportivo, ex imbianchino, ex allevatore di serpenti, insomma strano, ma altruista e motivatore, oltre che precisissimo a segnare. E così tra una schiacciata, una battuta ed una palla che sbagli, ci si batte il cinque si urlano complimenti ci si scontra ci si ritrova a terra con la sabbia fin nei capelli e si è tutti amici.

In alcuni istanti mi rivedo adolescente durante i tornei in giro per Milano. Con papà che mi accompagnava in macchina. E non da meno, che riesca oggi a reggere novanta minuti di partita, dopo trent’anni, è galvanizzante. C’è una cosa che credo renda questo appuntamento un regalo tra i più preziosi di questo mio Natale: la partita unisce, la presa in giro è d’obbligo e diventa confidenza, la stanchezza dopo due ore accomuna e rende uguali. Non ci sono belli brutti grassi e ricchi. Lo sport fa questo, azzera le differenze, unisce, ti sporca tutti allo stesso modo, ti fa godere quando vinci e fare gruppo anche se perdi.