#Routine

Quando la sveglia alle sette scandisce il ritmo del risveglio ho poco margine per decidere come muovermi. In linea di massima sono scattante: bagno, caffè, qualche minuto per casa e cagnolina, di nuovo bagno, scarpe e fuori.

Chi lavora tutto il giorno e tutti i giorni in questo modo spesso ha un’agenda organizzata con la massima precisione, o dimenticherebbe i figli a scuola e cosa cucinare a cena. Bella vita la tua da single, sostengono i più. Che poi quando mi rispondono così mi viene spesso da obiettare che nessuno ha puntato loro un fucile alle tempie per seguire la loro, di strada diversa.

Ma torniamo alle mie mattine, quelle di relax, diciamo. Tipo i week end, libera dall’esodo fuori città. Io che divento pazza se non concludo niente, ho dovuto mettere nero su bianco (sul giallo dei post-it in realtà) le attività delle 15/16 ore disponibili. Riderete. Non hai nulla da fare, dormi. Non riesco. No davvero, vorrei, non riesco. Così come non riesco a guardare la tivù la mattina. Ho interiorizzato che è una perdita di tempo, al massimo seguo un video se faccio step.

L’ordine delle cose da fare mi risulta essere da sostegno, e mi permette di orientarmi. Ho usato la stessa strategia anche durante il lock down, o avrei parlato col tavolo, oltre che con il cane ed il lievito madre.

Pianificando una serie di impegni anche durante il tempo libero, elimino la necessità di pianificare ogni volta, risparmiando ansia e stress. Mi sento più sicura e do una struttura sensata alla mia giornata. Tranne rari casi di pigrizia autorizzata da maratona pigiama, mi obbligo a vestirmi come se stessi per uscire e a fare. Mi appunto anche il pulire, spesa, passeggiata. Metto nel planning anche un tempo per scrivere, venti minuti di meditazione, attività fisica ogni tanto. Il tempo che rimane lo dedico alla lettura o ad un buon film. Rispettando una scansione prestabilita sono costretta a stabilire delle priorità e decidere cosa voglio fare del mio tempo e mi aiuta, anche inconsciamente, a rilassarmi.

SUPERARE UN AMORE

L’altra sera ero a cena con un’amica e mi ha chiesto come ho fatto a superare un amore malato che per molto tempo ha tenuto banco in tutte le nostre conversazioni, lasciandomi svuotata, delusa e stanca.

Quando mi capita di incrociare oggi quest’uomo penso ‘Quanta pochezza sei’. Quanto nulla sei adesso nella mia storia, quanto sei poco nel mio presente e quanto sei poco in generale. Bugiardo, manipolatore, camaleontico, infantile. E ti sei infilato in una nuova storia sbagliata, che è più ingarbugliata della nostra. Il karma alle volte.

E mi fa tenerezza quella donna che sono stata, innamorata succube sempre disponibile materna generosa docile che non era in grado di vedere. Di vedersi. Ho creduto per anni che il mio di amore potesse bastare per due. Per anni sono entrata e uscita e rientrata in questa ossessione, riprendendoti. Eri cambiato, volevi me. Anni, non mesi. Cieca. Non sentivo ragione, sorda alle amiche, incastrata.

Poi tocchi il fondo. E ci vedi. Improvvisamente vedi che tutto è sbagliato, che non puoi continuare a farti trattare così, arriva un certo punto in cui tu dici basta a lui e sì a te stessa e questo è il primo passo fuori dal tugurio. Lui non ti piace più. Non lo stimi, cominci a vedere il bello altrove, non lo vuoi. Non vuoi più tutto quello che ti si è sbriciolato tra le dita. Stai già vincendo. Lì è davvero finita.

E ne sono fuori perché quando ti ho rivisto l’ultima volta ho pensato ‘Che bello non fai più parte di questa mia vita, non c’entri proprio più niente, sono piena di tutt’altro’. Sono piena delle risate con le mie amiche, sono piena della complicità di chi mi sta accanto tutto il giorno e che rivedo il giorno dopo, sono piena della dolcezza di nuovi amici che entrano a far parte del mio presente, e no non ne fai più parte perché sei piccolo così. E non provo nulla, solo una vaga nostalgia dei momenti belli, ma come per ogni capitolo che si conclude.

Ho sofferto moltissimo, durante e dopo, quando passata la rabbia rimane il vuoto. Ma ne vieni fuori. Perché sempre l’amore per noi stessi e l’istinto di sopravvivenza hanno la meglio. E ti svegli una mattina e non ne vuoi più sapere nemmeno di essere triste, e ci sei tu, e ti piace bere il caffè appena fatto nella tua cucina, e metti il basilico sul davanzale per farci il pesto, e vai al parco a correre con il cane, e ti rimetti un vestitino e ti guardi allo specchio e sorridi, e ti sorridi. E sei cambiata. E impari che tu meriti rispetto. Che puoi dire anche no, che puoi ribaltare una routine se non ti piace. Che puoi dire ciao, ed elegantemente voltare le spalle, girata verso la tua, di strada.

Fratello

È quasi un mese che non ci parliamo, fratellino.

Cupo incapace di soverchiare quello che giustamente è il tuo mondo,

hai preferito allontanarti da me,

vedendo cattiveria dove non c’era nemmeno ingiustizia.

Abbiamo perso parti di noi che il destino ci ha tolto

come arti amputati che mai si cicatrizzano.

Per anni hai giudicato la mia di vita le mie amicizie le mie di scelte

sentendoti inattaccabile.

Mi hai ferita e forse per troppo amore

hai cercato inutilmente di cambiare il mio modo di vedere.

Le tue raffiche arrivano come mitragliate, innescando risposte ora crude, ora silenziose.

Non necessita di spiegazione quello che tu non conosci e non vuoi sforzarti di capire.

Troppo fragile il tuo bisogno di me

mi entra dentro con dolore e scosse elettriche.

Mi manca la tua voglia di confidarti e il mio essere sorella maggiore dalla tua parte,

le telefonate fiume in cui torniamo

come bambini in cameretta.

Supponenza e arroganza sono riuscite a spezzare la catena che ci aveva riuniti,

uniche isole di questa mappa che ha perso le bussole vitali.

Mi sono sentita invasa

ed ho chiuso il guscio che negli ultimi anni mi ha riscaldata e protetta dal dolore delle perdite.

Mi manchi da morire ma la mia vita anche se non condivisa, vale quanto quella degli altri.