primi di marzo

Passeggio libera da quarantene in una Milano primaverile.

Coriandoli sui marciapiedi e violette nei cortili.

Estranea al vociare della gente, persa nei miei pensieri. Il sole mi acceca.

Sono dentro ai nodi della mia vita, sciogliendo a fatica quelli che ho annodato per troppo tempo.

D come disaster..

Sono un disastro. Del tipo che rompo le cose. Cioè mi cadono, e cadono di sfiga, mica il vaso di cristallo va a terra diretto, sia mai… rimbalza sulla mensola sotto e si frantuma prima di arrivare a tappeto. Raccoglieteli voi i pezzetti sull’HÖJERUP peloso dell’IKEA. Neanche li potete sbattere in strada per dire, perché sono vetri..

Da piccola mia mamma mi diceva che non potevo avere più croste di mio fratello sulle ginocchia.

Almeno una volta la settimana, in inverno, mi si incastra la cintura della vestaglia nella maniglia del bagno, mi ammanetto da sola con i ciondoli dei braccialetti ai maglioni di lana e ci metto un attimo buono per sganciarmi. In estate lego la bici al palo, non metto il cavalletto (la rugginosa non ne è provvista) perché appunto è appoggiata al cartello e la ritrovo sdraiata.

Sono intasata di pensieri, faccio una cosa e ne sto già facendo altre dieci (il mio maestro mindfulness è in Grecia, non mi legge per fortuna). Riesco ad essere maniaca dell’ordine e precisa, ma sono pasticciona. Una creativa non compresa, ma così risolvo alcune faccende su cui altri cavillano.

Asciugo le zampe del cane col phon, uso lo stesso puntato sulle spalle quando ho un attacco di cervicale (il phon non il cane), uso le forcine per tenere insieme il cestino della bicicletta e con i barattoli di latta dei ceci invento vasi di fiori che appendo in giardino al lago. Odio fare la spesa col carrello così le due robe che dovevo prendere si moltiplicano e le infilo nei sacchetti della frutta che alla corsia successiva hanno già la busta di prosciutto che esce dall’angolo e arrivo tutte le volte in cassa con le braccia piene di offerte e spingendo l’acqua con i piedi. Le password non ce la faccio e invano la mia collega mi invita ad usare un quadernetto ‘Come faccio io’ lei dice, ma niente. Me la ricordo sicuro, questa.

Poi non so più se il nome del mio ex l’avevo usato prima o dopo l’anno di nascita. Google mi viene incontro, ma a volte me le risputa come errate.

Le ricette non mi vengono mai perché faccio a muzzo, ripongo quella cosa in quel posto così di sicuro la trovo, esco in pigiama a buttare l’immondizia perché tanto non incontro nessuno e mi ferma il figlio dei signori del secondo piano, e inutile dirvi com’è..

Soli o beati?

“Quando si evita a ogni costo di ritrovarsi soli, si rinuncia all’opportunità di provare la solitudine: quel sublime stato in cui è possibile raccogliere le proprie idee, meditare, riflettere, creare e, in ultima analisi, dare senso e sostanza alla comunicazione. Certo, chi non ne ha mai gustato il sapore non saprà mai ciò che ha perso, ha lasciato indietro, a cosa ha rinunciato.”
ZYGMUNT BAUMAN

Stasera curiosavo su un blog di appunti sparsi, e lo stile mi ha catturato non meno dell’argomento. E mi sono ricordata di avere letto quest’inverno in ‘Amore Liquido’ di Zigmunt Bauman che la differenza tra solitudine ed essere soli è nel come la si interpreta. Nel come la vivi, come accade per tutto, poi.

Diverso è chi si isola perché non sta bene, chi disprezza gli altri, chi si sente male, solo. Perché per dire.. io da sola sto bene. Mi correggo, io sto bene anche da sola, molte volte. Stare bene da soli è un plus. Scado nei luoghi comuni (cosa che peraltro aborro) lo so, ma riesci a stare da sola se hai risolto diverse questioni con i tuoi mostri personali, se sai guardare i tuoi pensieri ed accoglierli, se sai inventarti ogni volta qualcosa. E poi mi ascolto.

Scelgo di e se stare con gli altri, e scelgo, quando è possibile, con chi stare. Altrimenti con eleganza glisso e mi dissocio. E mi accorgo che le serate hanno più sapore, la birra più dissetante se la compagnia è quella giusta. Allora la notte non arriva più.gtyuh6

Odio le chiacchiere fini a se stesse e la bruta ignoranza. Preferisco il silenzio, o la musica che scelgo io. Sto invecchiando? Si. Consapevolmente.