Si lo so, non è il massimo uscire in bicicletta con 40′ gradi all’ombra in questo luglio milanese, che finalmente ha tirato fuori gli attributi afosi e di caldo opprimente..
ma.. ma poi in autunno pioviggina, e poi a novembre fa freddo e mica ci puoi andare su due ruote con i guanti lasciarpaeilpiuminoleggero, che arrivi al lavoro comunque sudata, quindi stamane, piena di ottimismo, son andata in Buenos Aires con la mia fantastica rugginosa a fare commissioni.
Già il nome.. ma almeno non te la rubano ai semafori (che poi non è neanche detto!) dato che bella non è, dato che al posto del cestino ho una cassetta di legno (della frutta, me l’ha regalata il mio fruttivendolo di fiducia al mercato, Abdul), dato che non è proprio di primo pelo e insomma in alcuni punti la vernice è scrostata.. Comunque va! Anzi va benissimo, morbida come solo le biciclette morbide sanno essere, che è un piacere pedalare. In piano.
Senza buche.
Senza auto.
Non parliamo dei monopattini.
Gli autobus, quelli sì che ti rispettano, poiché o ti schiacciano al muro o ti risucchiano nel vortice di pneumatici e aria calda tipo phon, o, carinamente, ti cedono il passo. Fino alla fermata dopo. Perché li rincontri. Cioè fai la strada con loro. Li semini e ti raggiungono all’incrocio dopo.
In ogni caso il mio vorrebbe essere un encomio ai ciclisti.
Perché Milano in bicicletta, a passo doble diciamo, è bellissima.
Scorri tra i negozi che aprono e i commessi che mettono fuori le piantine rosa, portinai delle case del centro che buttano secchi d’acqua (e detersivo) sui marciapiedi, camerieri che apparecchiano i tavolini del caffè, saluti vari ed ammiccamenti. Ti senti parte di questo risveglio cittadino. Se sei fortunato becchi anche il lato di strada in ombra, e allora Milano con i suoi vecchi condomini di ringhiera ed i palazzi di vetro, è proprio tanta roba.
Ma torniamo ai ciclisti. Perché quando sei in auto li odi, i ciclisti. Quando sei in bici odi tutti, anche i pedoni, che poi sono gli unici che si fermano per farti passare, quando sei in bici.
La pista ciclabile comincia a inizio stradone, prosegue per 800 metri, poi.. incrocio con 5 carreggiate e tu, sudato e ansimante cerchi il proseguimento, ma.. ma non c’è. Non c’è!! Finisce così!! E tu allora metti fuori la mano, il braccio e ti immetti lato camion, taxi, pullman e furgoncini (i più gentili, non so se è perché sono donna).
Poi parliamo di buche. E tombini. Che o li eviti con un gioco di prestigio all’ultimo o li prendi, rischiando di spaccare la rugginosa a metà (ma anche le bici normali, suppongo). Nella migliore delle ipotesi, ovviamente.
E ultimo appello a chi rompe bottiglie in strada (ma siete deficienti?) che oltre ad essere una minaccia per tutti, sono causa di rottura di ruote per chi pedala al lato della via.. almeno voi.. pietà!
Io ringrazio tutti. Grazie, grazie, grazie, con tanto di sorriso, a chi mi cede il passaggio. A volte, lo so non devo, ma a volte vado sul marciapiede. Quelli lunghi e vuoti, e infiniti. Perché diciamocelo, nonostante tentativi a volte mal riusciti, la città per i ciclisti è insidiosa.
E le piste ciclabili degne di Blog. Non del mio, di quello satirico di Rai3.