Sorriso sghembo

E c’è chi c’è, passato.

Capisce.

Ti guardi in quello sguardo, di occhi che sanno,

di buchi neri che, il fondo, l’hanno visto.

Riconosci. Chi attraverso le feste le luci e le ghirlande

cammina in silenzio,

per non rattristare le vetrine che restituiscono volti,

e quel sorriso sghembo, come la vita, attraverso la nebbia.

#Oggisonotriste

Il mio dicembre non è più stato Natale da quando gli ultimi, anni fa, sono stati abbinati a visite e controlli in ospedale, pranzi interrotti, la portiamo sì o no, dai che siamo più tranquilli, metti la giacca, prendi il borsone. E freddi e nebbie su Milano addobbata, e buio, e luci accese nelle strade, e parcheggi da cui guardi blocchi illuminati sempre, da fuori finestre ampie, dentro il ferro dei letti, i neon bianchi. E settimane a contare il prossimo appuntamento, che forse allora andrà meglio.

Stradine di una città che non dorme mai, dove qualcuno fa sempre la notte, qualcuno piange, qualcun altro incrocia le dita, chiuso in macchina e aspetta che sia ora di tornare a casa.

Feste in cui si conta chi non si siede, nostalgia di pasta fatta in casa, di regali sotto l’albero, di fili dorati da buttare il giorno dopo.

Ci sono anche loro, sotto la neve. Le preghiere mai ascoltate.

17:17

Come in un film in bianco e nero

anche se era a colori

e i colori erano quelli del tramonto in inverno.

Ghiacciato limpido

incredibilmente brillante

di rosa e di arancio.

E tu pensi

non può succedere niente di male

con un cielo come questo.

E invece accadde. Con quella luce quella verità.

Quest’ora per anni mi è stata accanto

in momenti incerti di provvidenziale

lieto fine,

come una voce

come una mano

come un soffio che mi sorride.

Sono qui accanto, abbi fiducia in me.

Bambina

La me bambina bussa nei sogni s’infila nei giorni di questo caldo autunno di quartiere.

La me bambina vuole essere rassicurata una pacca sulla spalla una mano da tenere.

La me bambina sbatte contro i vetri si arrampica sui rami per trovare il sole cerca scuse per trovare sensi.

La me bambina ha ricordi che bruciano gli occhi vuole palloncini da far volare in cielo briciole sul letto

e musica per urlare.

Milano-Olbia

Quando vuoi farti pochi giorni di stacco, ma a due ore di macchina hai solo il mar Ligure e l’Idroscalo fa troppo luna park, puoi prendere in considerazione un’oretta di volo e ritrovarti nel mare cristallino di San Teodoro.

Milano – Olbia, tre giorni di pura meraviglia. Alla portata di tutti, e non fatevi frenare dal volo, perchè in una mattinata, tutto compreso, lasciate la metro di Milano e vi ritrovate con le infradito in spiaggia. Calcolate una partenza con trenino per Malpensa alle 8,10 (comodi quindi, una sveglia normale) che con 13 euro (A/R) vi lascia alla scala mobile dell’aeroporto in meno di un’ora. Adesso, tra coviddo, green pass, partenze intelligenti e bagaglio a mano, non è più necessaria una sosta eterna tra le poltroncine ed i barettini dello scalo, quindi giro veloce al Duty free (che si può solo guardare perchè gli sconti non esistono) e via al Gate. Cioè telefono in mano con carta d’imbarco e siete già in aereo. Il tutto in mezz’oretta scarsa. Controlli velocissimi, poca gente, file inesistenti, tutto molto scorrevole.

Alle 10,45 siamo su un Easy Jet pagato come una pizza. A mezzogiorno in aeroporto ad Olbia, Costa Smeralda, dove c’è ad attenderci puntualissimo (da buona imbruttita l’ho chiamato mille volte per la conferma) lo scooter a noleggio (Miky Rent, veramente fantastici) ed in un tempo record di 8 minuti di orologio lasciamo le borse al Bb.

Ho prenotato a La Casa di Pier (centro storico di Olbia, pulito ma colazione scarsa e molto rumoroso, si può cercare di meglio) che vanta una posizione ottima a due passi da ristorantini e negozietti nell’isola pedonale, ma soprattutto è a pochi chilometri dalle spiagge.

Pomeriggio a Cala Banana, dove tra gelato ed aperitivo sostiamo fino al tramonto. Cena da Sara, Olbia Porto, che raggiungiamo neanche a dirlo, a piedi. Se capitate qui dovete cenare in questa Trattoria a conduzione familiare. Vi accoglie un cortiletto un po’ dimesso e spartano, silenzio e profumo di limoni. Vi dico solo che pur non essendo nel menù, la cuoca ci ha preparato degli spaghetti alle vongole con crema di pistacchio e sono riuscita a farmi fare anche il bis!

Giorno 2: scooter fino Capo Coda Cavallo in mattinata.

Pomeriggio a Cala Brandinchi. Le foto parlano da sole, paradiso!Aperitivo in Olbia vecchia, al Mint Julep, cocktail particolari e pizza gourmet, ottima. Molto carini anche i proprietari! Ceniamo al ristorante ‘la Taverna’ nel centro storico pedonale a due passi dal Bb, buoni gli spaghetti allo scoglio, niente di eclatante il resto.Terzo ed ultimo giorno Pittulongo. Spettacolo. Ultimo bagno, ci cambiamo in aeroporto, ci portiamo il sale e la sabbia sulla pelle fino a casa.

Volo per Milano alle 18,30. In serata siamo già in mezzo al traffico che conosciamo.

Milano que l’aime

Metti una sera al tramonto. A Milano. Metti che è agosto e la città comunque si svuota. Rimangono quelli che qui sono di casa, quelli che tra le sue vie ci sono nati, che tra i suoi quartieri, i palazzi di periferia, i grattacieli e le case di ringhiera ci sono cresciuti. E mentre l’attraverso […]

Ciclista a Milano

Si lo so, non è il massimo uscire in bicicletta con 40′ gradi all’ombra in questo luglio milanese, che finalmente ha tirato fuori gli attributi afosi e di caldo opprimente..

ma.. ma poi in autunno pioviggina, e poi a novembre fa freddo e mica ci puoi andare su due ruote con i guanti lasciarpaeilpiuminoleggero, che arrivi al lavoro comunque sudata, quindi stamane, piena di ottimismo, son andata in Buenos Aires con la mia fantastica rugginosa a fare commissioni.

Già il nome.. ma almeno non te la rubano ai semafori (che poi non è neanche detto!) dato che bella non è, dato che al posto del cestino ho una cassetta di legno (della frutta, me l’ha regalata il mio fruttivendolo di fiducia al mercato, Abdul), dato che non è proprio di primo pelo e insomma in alcuni punti la vernice è scrostata.. Comunque va! Anzi va benissimo, morbida come solo le biciclette morbide sanno essere, che è un piacere pedalare. In piano.

Senza buche.

Senza auto.

Non parliamo dei monopattini.

Gli autobus, quelli sì che ti rispettano, poiché o ti schiacciano al muro o ti risucchiano nel vortice di pneumatici e aria calda tipo phon, o, carinamente, ti cedono il passo. Fino alla fermata dopo. Perché li rincontri. Cioè fai la strada con loro. Li semini e ti raggiungono all’incrocio dopo.

In ogni caso il mio vorrebbe essere un encomio ai ciclisti.

Perché Milano in bicicletta, a passo doble diciamo, è bellissima. 

Scorri tra i negozi che aprono e i commessi che mettono fuori le piantine rosa, portinai delle case del centro che buttano secchi d’acqua (e detersivo) sui marciapiedi, camerieri che apparecchiano i tavolini del caffè, saluti vari ed ammiccamenti. Ti senti parte di questo risveglio cittadino. Se sei fortunato becchi anche il lato di strada in ombra, e allora Milano con i suoi vecchi condomini di ringhiera ed i palazzi di vetro, è proprio tanta roba.

Ma torniamo ai ciclisti. Perché quando sei in auto li odi, i ciclisti. Quando sei in bici odi tutti, anche i pedoni, che poi sono gli unici che si fermano per farti passare, quando sei in bici.

La pista ciclabile comincia a inizio stradone, prosegue per 800 metri, poi.. incrocio con 5 carreggiate e tu, sudato e ansimante cerchi il proseguimento, ma.. ma non c’è. Non c’è!! Finisce così!! E tu allora metti fuori la mano, il braccio e ti immetti lato camion, taxi, pullman e furgoncini (i più gentili, non so se è perché sono donna).

Poi parliamo di buche. E tombini. Che o li eviti con un gioco di prestigio all’ultimo o li prendi, rischiando di spaccare la rugginosa a metà (ma anche le bici normali, suppongo). Nella migliore delle ipotesi, ovviamente.

E ultimo appello a chi rompe bottiglie in strada (ma siete deficienti?) che oltre ad essere una minaccia per tutti, sono causa di rottura di ruote per chi pedala al lato della via.. almeno voi.. pietà!

Io ringrazio tutti. Grazie, grazie, grazie, con tanto di sorriso, a chi mi cede il passaggio. A volte, lo so non devo, ma a volte vado sul marciapiede. Quelli lunghi e vuoti, e infiniti. Perché diciamocelo, nonostante tentativi a volte mal riusciti, la città per i ciclisti è insidiosa.

E le piste ciclabili degne di Blog. Non del mio, di quello satirico di Rai3.