Stasera sei triste

Stasera sei triste, un po’ sarà la pioggia. Sarà che di nuovo non gira come vorresti, e ti conosci, lo sai che ti inversi e diventi di umore nero, quando accade. Sei stanca sì, e direi. Stanca di trovare sempre il lato positivo. Di prendere la bici e pensare, comunque pedalo. Di mettere le scarpe e sfogarti mezz’ora correndo, ancora un minuto, fino a quell’albero, gira di nuovo che le gambe obbediscono.

E ritorni a casa, strizzi l’occhio al cielo, che l’ha già capito come butta. Sii paziente, tra tante lezioni questa non l’hai ancora imparata. E non fuggire dalle emozioni. In questo momento sei delusa, va bene. Stai lì.

Rivaluto la Romagna

Dopo una settimana a Cervia! Che mi è rimasta nel cuore, come sempre accade, per i piacevoli momenti che l’accompagnano.

Avevo bisogno di essere comoda (che poi mica stavamo al Grand Hotel..) arrivare in spiaggia e avere ombrellone lettino bar doccia nel raggio di venti metri.

E la Romagna è accogliente, sorridente e turisticamente preparata. I baristi ti sorridono i negozianti sono allegri la piadina è buona. E c’è il sole. La spiaggia è immensa. E la sabbia fina. Come la maglietta di Baglioni. E dopo anni di rocce, ghiaia, la baia valla a cercare, vacanze impegnative, la sabbia sotto i piedi e il tutto servito è tanta roba.

Una settimana spensierata in una cittadina dove la bicicletta fa da padrona, tutti si muovono scivolando su due ruote, dress code. Lo trovo meraviglioso, estivo, pratico. A Cervia il traffico lo fanno le biciclette. La sera fai fatica a parcheggiare. Le due ruote. Per una settimana abbiamo sfrecciato in fila indiana, sentendoci una classe in gita di fine anno.

Cosa mi porto a casa? Il cielo azzurro, gli ombrelloni colorati, le risate, i lettini che ora di sera incastravamo tutti insieme, le bottiglie d’acqua che finivamo a ritmo inverosimile e che ci siamo rubati dalla borsa frigo. Il salvagente a fenicottero, gli spaghetti con le vongole, la piadina a mezzanotte.

Cervia è pulita, organizzata, alberata. Il canale è un tripudio di bar e ristorantini, la sera illuminato e festoso ti fa dimenticare chi sei. A Cervia la gente è mediamente adulta. La vicina Milano Marittima punta invece su una movida poco più che adolescente. Dopo una cena fighissima siamo scappati a gambe levate. Direi a ruote levate!

Si trova da mangiare a prezzi calmierati in ogni dove (spaghetti con il pesce intorno ai 14€, fritto meno di 18). I cani sono ben accetti quasi dappertutto, sotto il lettino non danno fastidio. Noi a loro, forse sì.

Ho ritrovato un gruppo nel gruppo che mi era mancato, sentirsi come fratelli, le cene sotto il portico, le file di candele sulla spiaggia, i fuochi e le stelle cadenti.

Ho giocato a beach volley in spiaggia buttandomi a terra e schiacciando, ho bevuto birra gelata, chiacchierato al buio di notte con gli amici di una vita, ho fatto passeggiate sul bagnasciuga sentendomi in un film di Vanzina insieme ad altre mille persone che spingevano materassini pedalò e bambini in acqua. Ho detto anche io peccato per il mare che però dai il problema è che il fondo è marrone, non è sporca.. infilandomi nel luogo comune dei luoghi comuni della riviera.

D come disaster..

Sono un disastro. Del tipo che rompo le cose. Cioè mi cadono, e cadono di sfiga, mica il vaso di cristallo va a terra diretto, sia mai… rimbalza sulla mensola sotto e si frantuma prima di arrivare a tappeto. Raccoglieteli voi i pezzetti sull’HÖJERUP peloso dell’IKEA. Neanche li potete sbattere in strada per dire, perché sono vetri..

Da piccola mia mamma mi diceva che non potevo avere più croste di mio fratello sulle ginocchia.

Almeno una volta la settimana, in inverno, mi si incastra la cintura della vestaglia nella maniglia del bagno, mi ammanetto da sola con i ciondoli dei braccialetti ai maglioni di lana e ci metto un attimo buono per sganciarmi. In estate lego la bici al palo, non metto il cavalletto (la rugginosa non ne è provvista) perché appunto è appoggiata al cartello e la ritrovo sdraiata.

Sono intasata di pensieri, faccio una cosa e ne sto già facendo altre dieci (il mio maestro mindfulness è in Grecia, non mi legge per fortuna). Riesco ad essere maniaca dell’ordine e precisa, ma sono pasticciona. Una creativa non compresa, ma così risolvo alcune faccende su cui altri cavillano.

Asciugo le zampe del cane col phon, uso lo stesso puntato sulle spalle quando ho un attacco di cervicale (il phon non il cane), uso le forcine per tenere insieme il cestino della bicicletta e con i barattoli di latta dei ceci invento vasi di fiori che appendo in giardino al lago. Odio fare la spesa col carrello così le due robe che dovevo prendere si moltiplicano e le infilo nei sacchetti della frutta che alla corsia successiva hanno già la busta di prosciutto che esce dall’angolo e arrivo tutte le volte in cassa con le braccia piene di offerte e spingendo l’acqua con i piedi. Le password non ce la faccio e invano la mia collega mi invita ad usare un quadernetto ‘Come faccio io’ lei dice, ma niente. Me la ricordo sicuro, questa.

Poi non so più se il nome del mio ex l’avevo usato prima o dopo l’anno di nascita. Google mi viene incontro, ma a volte me le risputa come errate.

Le ricette non mi vengono mai perché faccio a muzzo, ripongo quella cosa in quel posto così di sicuro la trovo, esco in pigiama a buttare l’immondizia perché tanto non incontro nessuno e mi ferma il figlio dei signori del secondo piano, e inutile dirvi com’è..

Ciclista a Milano

Si lo so, non è il massimo uscire in bicicletta con 40′ gradi all’ombra in questo luglio milanese, che finalmente ha tirato fuori gli attributi afosi e di caldo opprimente..

ma.. ma poi in autunno pioviggina, e poi a novembre fa freddo e mica ci puoi andare su due ruote con i guanti lasciarpaeilpiuminoleggero, che arrivi al lavoro comunque sudata, quindi stamane, piena di ottimismo, son andata in Buenos Aires con la mia fantastica rugginosa a fare commissioni.

Già il nome.. ma almeno non te la rubano ai semafori (che poi non è neanche detto!) dato che bella non è, dato che al posto del cestino ho una cassetta di legno (della frutta, me l’ha regalata il mio fruttivendolo di fiducia al mercato, Abdul), dato che non è proprio di primo pelo e insomma in alcuni punti la vernice è scrostata.. Comunque va! Anzi va benissimo, morbida come solo le biciclette morbide sanno essere, che è un piacere pedalare. In piano.

Senza buche.

Senza auto.

Non parliamo dei monopattini.

Gli autobus, quelli sì che ti rispettano, poiché o ti schiacciano al muro o ti risucchiano nel vortice di pneumatici e aria calda tipo phon, o, carinamente, ti cedono il passo. Fino alla fermata dopo. Perché li rincontri. Cioè fai la strada con loro. Li semini e ti raggiungono all’incrocio dopo.

In ogni caso il mio vorrebbe essere un encomio ai ciclisti.

Perché Milano in bicicletta, a passo doble diciamo, è bellissima. 

Scorri tra i negozi che aprono e i commessi che mettono fuori le piantine rosa, portinai delle case del centro che buttano secchi d’acqua (e detersivo) sui marciapiedi, camerieri che apparecchiano i tavolini del caffè, saluti vari ed ammiccamenti. Ti senti parte di questo risveglio cittadino. Se sei fortunato becchi anche il lato di strada in ombra, e allora Milano con i suoi vecchi condomini di ringhiera ed i palazzi di vetro, è proprio tanta roba.

Ma torniamo ai ciclisti. Perché quando sei in auto li odi, i ciclisti. Quando sei in bici odi tutti, anche i pedoni, che poi sono gli unici che si fermano per farti passare, quando sei in bici.

La pista ciclabile comincia a inizio stradone, prosegue per 800 metri, poi.. incrocio con 5 carreggiate e tu, sudato e ansimante cerchi il proseguimento, ma.. ma non c’è. Non c’è!! Finisce così!! E tu allora metti fuori la mano, il braccio e ti immetti lato camion, taxi, pullman e furgoncini (i più gentili, non so se è perché sono donna).

Poi parliamo di buche. E tombini. Che o li eviti con un gioco di prestigio all’ultimo o li prendi, rischiando di spaccare la rugginosa a metà (ma anche le bici normali, suppongo). Nella migliore delle ipotesi, ovviamente.

E ultimo appello a chi rompe bottiglie in strada (ma siete deficienti?) che oltre ad essere una minaccia per tutti, sono causa di rottura di ruote per chi pedala al lato della via.. almeno voi.. pietà!

Io ringrazio tutti. Grazie, grazie, grazie, con tanto di sorriso, a chi mi cede il passaggio. A volte, lo so non devo, ma a volte vado sul marciapiede. Quelli lunghi e vuoti, e infiniti. Perché diciamocelo, nonostante tentativi a volte mal riusciti, la città per i ciclisti è insidiosa.

E le piste ciclabili degne di Blog. Non del mio, di quello satirico di Rai3.