#inversa

Sono un po’ inversa stasera, e adesso che l’ho detto ad alta voce (sì anche) magari serve, prendo atto che non tutte le giornate riescono come le ciambelle col buco, e che domani andrà, magari, meglio. In primis ho la sensazione di essere stata dolcemente manipolata da una persona a me molto cara, affinché arrivassi esattamente dove lui voleva. Di solito sono molto attenta, ma stavolta mi era impossibile dire di no, pertanto, presa in quel posto. Il buco della ciambella, appunto.

Aspetto poi la conferma dell’Ingegnere (da luglio) per quel progettino che dovrei realizzare al lago, poca roba, ma è un mio sogno, una mia idea e un mio disegno, sto per demolire il vecchio e quindi l’ansia è giustificata. A breve avrò solo un mucchio di legna, se le cose non si mettono in moto. E’ poco serio questo atteggiamento, tipico di chi ha tanti affari in ballo, evidentemente; altre mille lavori da concludere, e poco gli importa di aggiungere il mio. E’ frustrante seguire chi dovrebbe seguirmi (il progetto) ed elemosinarne l’attenzione dei due uomini che hanno voce in capitolo, come se stessi chiedendo l’elemosina (tutt’altro, vi assicuro). Calcoliamo che adesso io sono a Milano, che non tutti i weekend sono sul posto, non sono presente per bussare in direzione ogni giorno. Questa situazione mi fa infuriare, io che sono precisa, puntuale e attenta, ottengo solo pacche sulle spalle e tanti ‘tranquilla’.

Aggiungo come collateral che ho qualche incomprensione al lavoro col collega nuovo (e siccome io sono lì da anni faccio da parafulmine per parecchi casini) e che spero che un altro paio di faccende vadano bene, quindi per adesso, mai una gioia. Non si sblocca nulla, devo avere Saturno contro. Sembra che tutto abbia il vento a favore poi si blocca, il nulla. Io sono una persona che va in tilt se non ottiene quello che vuole, non sono capricciosa, ma determinata, caparbia, orientata al raggiungimento dell’obiettivo. Non sto con le mani in mano, faccio, chiedo, vado avanti. Mi ci metto e mi ci ostino e quando più cose non funzionano come dovrebbero, niente, precipito di umore e mi metterei a urlare, perché non vedo il traguardo, perché sono stanca di nuotare controcorrente, sono da sola, ed è tanto che lo faccio.

Alla fine ho amato solo io.

Un uomo che per anni mi coccolava come fossi sua la sera, dopo la partita, nei pomeriggi di studio, in estate in costiera, tra una bugia ed una mezza verità, con un’immaturità ed una tenerezza che mi hanno tenuta prigioniera per moltissimo tempo. Mi inglobava dolcemente e mi faceva sentire con lui, una cosa sola. Un uomo che a volte la mattina dopo mi sputava fuori gettandomi all’inferno e la sera veniva a riconquistarmi su un cavallo bianco. Ho amato per un tempo infinito, ho avuto occhi a forma di cuore come nei cartoni animati, ho pianto e fatto pazzie, ho messo l’orgoglio sotto le scarpe, ho pregato, riprovato, sbagliato. Alla fine mi sono arresa, ho smesso di amare. Ma alla fine, dopo averci creduto davvero.

Altre storie, altre persone, importanti o meno. Mi cercano, mi desiderano, nessuno ama come ho fatto io. Nemmeno io.

Seconda settimana col collega (scollega-to)

MAESTRAMARTINA

Che poi senza offesa, magari non è l’aggettivo giusto. Arrogante, inesperto e orgoglioso, questi rendono.

Insegna italiano, prossimo alla pensione, precario, maestro da quattro anni. Ho detto tutto? Ho detto tutto. Dopo dieci giorni di convivenza forzata in classe mi ha già accusata di mobbing di fronte ad alcune colleghe. Con cui lavoro da vent’anni. Che mi conoscono. Con cui c’è anche un rapporto di amicizia. Quindi non è neppure troppo sgamato. Pensa di essere furbo, a suo modo, non ha capito il poveretto che si sta scavando la fossa da solo.

Non si capisce quando parla, non per il dialetto, ma perchè è confusivo, mangia le parole, frettoloso. Non ci si improvvisa docenti, si impara (con umiltà). Occorre pazienza, carisma, capacità di entrare in sintonia e di essere in grado di intuire se i bambini hanno compreso, e fin dove. Occorre spiegare, e spiegare e spiegare. Fare domande, rispiegare…

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Paraponziponzipa’

Nel continente nero anche qui. Dal divano di casa mia. Piove, chi balla? Soprattutto chi balla l’Alligalli in tempi di pandemia, con la pioggia, a Milano. Che mi sembra di essere con l’orchestra al lago, da cui sono fuggita stamane perché rischiavo il rientro in canoa.

Faccio una passeggiata. animata da tanto entusiasmo, dalla quiete dopo la tempesta e dalla cagnolina che mi guarda scodinzolando. Scendo così come sono, shorts, maglietta ‘da tanto sto in casa’, sneakers rosse, capelli raccolti in qualche modo. Quando io mi muovo sono un disastro. Perché voglio fare un viaggio solo, e fare tutto in quello spostamento. Chiavi, sacchetti popò, guinzaglio, collare ‘vieni qui che te lo metto’ e non si capisce mai perché prima scodinzoli per uscire e poi appena sono sulla soglia, pronta, torna dentro e va a saltare sul divano. ‘Qui, è di qui che dobbiamo andare’. Leva le scarpe che io in casa solo scalza, appoggia l’umido sulle scale, e il vetro idem (che nel frattempo avevo preso anche quelli) e torna dentro a recuperare il cane.

Infila il collare, abbaiata felice (l’alligalli ha smesso), riprendi l’immondizia, le chiavi, il telefono con la musica che almeno cammino per un’oretta e non me ne accorgo. Due passi in cortile, un freddo cane (appunto), butta i sacchetti e risali a prendere una pashmina, pesante. Quindi ci siamo, Sciarpa rosa pallido con i pantaloncini corti di jeans, scarpe rosse. fa niente, chi mi vede. In fondo alla strada, circolo sportivo, un pullman di.. boh atleti e famiglie, forse un battesimo, un compleanno, comunque almeno cinquanta persone e balli di gruppo.

Io devo passare da lì, in mezzo, agghindata che sembro la colf, e naturalmente tutti mi vedono. Comunque. l’atmosfera è carina, il cielo è diventato blu con le nuvole in cornice, l’aria frizzantina, e si fa buio. La musica non stona mai, dovunque la suoni, ma qui è strana, in quest’angolo di quartiere che conosco a memoria, e che percorso la sera, con nessuno in giro, sembra solo mio. Queste canzoni da balera mi riportano a ricordi lontani, dei miei, di estati passate, e stasera sono piena di malinconia. Si sono accesi i lampioni e non sono preparata a questa domenica che cambia luci, suoni e colori in maniera inavvertitamente inattesa.

La Casa de Papel

Sarà che sono un’inguaribile romantica, che le recensioni degli altri spesso mi lasciano attonita, che probabilmente sono difficilmente contentabile io dato che molte sere inizio diversi film per poi spegnere e passare ad altro, ma prima di farmi un’idea precisa devo provare. Di solito non sbaglio, quando scelgo. Come sui libri, non tutti li completo, ma qualcuno mi entra da subito, lo sai.

Tutto questo per dire che nonostante la critica abbia bocciato l’ultima serie, a me la Casa di Carta fa commuovere. Mi da’ grinta, mi entra sotto pelle. Le prime quattro stagioni le ho divorate, andando a letto a notte fonda, piangendo, arrabbiandomi, innamorandomi. Una, uscita a Pasqua covid, l’ho guardata in un meno di un weekend.

A me piace. Quegli sguardi decisi, le teste che si toccano giurandosi fedeltà, l’incedere a passo di marcia, stessa sincronia, stessa determinazione che mi fa venire in mente quando uscivo con gli amici delle medie, e camminare in gruppo con la stessa falcata e la stessa meta, mi faceva sentire invincibile.

La musichetta che accompagna quelle rivoluzioni mute, le strizzate d’occhio che sono pacche sulla spalla, credere in un ideale, non mollare. Quel capirsi con gesti convenuti, il coraggio e la prontezza. Il passaggio del testimone, il bacio rubato, la lealtà fino all’ultimo, le squadriglie che si muovono come in una danza concordata, quando tutto è resa.

‘Le ore condivise che sembrano mesi, il tutti per uno, disarmate, scalze, con il sole sul viso, circondate da tutto quel silenzio, ti senti libera. Perchè se siamo stati in grado di farlo, siamo in grado di fare qualunque cosa’.

#Teo non vuole più andare a scuola (ma non è un mio alunno😅 )

MAESTRAMARTINA

La mia amica adorata, mamma di Teo, sorride, e scuote la testa davanti al capriccio. Teo, quarto giorno di scuola elementare è arrabbiato con la maestra che lo ha sgridato. Ergo non gli piace più, non è che ci vuole proprio andare domani.

Cosa fare in questi casi?

Prima di tutto accertatevi di che tipo di rimprovero sia stato. Non credo che l’insegnante abbia alzato i toni (verificate chiedendo con dolcezza al bambino di raccontarvi l’episodio) piuttosto, come normalmente accade, avrà ripreso Teo che era distratto e stava chiacchierando, o non ascoltando la consegna. Ma per i bambini questo è un affronto insormontabile. La maestra diventa antipatica, in classe ci si annoia perchè è tutto troppo facile (o troppo difficile) e questa novità di andarci la mattina è già fuori moda. Attenzione che un bambino particolarmente sensibile può esagerare. Non sto dicendo che mente, ma ingigantisce, per mille motivi che…

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Terzo giorno di terza elementare

MAESTRAMARTINA

I primi giorni di scuola trascorrono veloci, tra un le vacanze sembrano passate da un secolo e quando sono le prossime. Ma va tutto bene. Accantonate le paure, messe in un angolo le ansie i bambini arrivano sorridenti, mascherati, ancora abbronzati. Hanno voglia di stare insieme, i miei che già mi conoscono, hanno voglia di fare, sono curiosi e voraci. Ho finito, maestra. Riguarda la scheda. Controlla. Tempo zero, consegnano. Non hanno paura, queste nuove generazioni. Sono rapidi, immediati, non leggono le consegne, non scrivono il titolo sopra l’esercizio, se capiscono eseguono. Se no eseguono lo stesso. Se sbagliano ci restano male, per l’affronto, mica per l’errore. I nuovi programmi sponsorizzano questo, intuizione e poca disciplina.

Samuel è arrivato senza compiti delle vacanze. L’unico. Persino Xu Jan li ha fatti senza parlare bene l’italiano. In qualche modo, ma ci ha provato. Samuel gode del privilegio di esserne esonerato, dopo la…

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L’ora più bella

Foto mia

È quella delle diciotto di sera, quando il sole incendia il pomeriggio e il cielo diventa arancione.

Guido verso il ritorno, respiro i colori e annoto il momento persa nei ricordi di altre luci ed altri tramonti.

In questo labirinto del tempo una me bambina che tornava a casa, il suono delle campane, ginocchia sbucciate, fiori bagnati, sugo al pomodoro.

E’ l’ora della passeggiata al cane, delle panchine in piazza dopo le ore di studio, della doccia prima di cena, del ti passo a prendere a che ora.

Mi infilo nel traffico, sorrido e un po’ sorpasso, cambio stazione, anche in città gli alberi profumano, prima del buio.

Tace il vociare del fare, si apparecchiano le tavole, si accendono i lampioni. Come diceva qualcuno, mi s’intenerisce il cuore.

Sconforto

Forse le nuvole che coprono il sole,

forse l’azzurro che oggi è tornato grigio.

Non ho raggiunto l’obiettivo che mi ero prefissata.

Niente sembra girare in quel verso. Ci provo, paziento, trovo le persone giuste, supero ostacoli.

Studio le parole ed i toni, non voglio sembrare impulsiva o troppo in confidenza.

Non manca la mia, di serietà. Non manca la mia, di determinazione.

Ma non si avvicina questo piccolo sogno. Ho litigato per lui.

Ho discusso e puntato i piedi.

Non mi sono smossa, pur muovendomi, in ogni dove. Ho smosso le montagne, anzi.

Ho caricato le spalle, piegato la schiena, ho sorriso, cercato, chiesto.

Lo sconforto prende piede, non ho più voglia,

anche se ne ho.